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II. Insieme a Te Sto Bene
Driiiiin
S: Ma chi diavolo è adesso? Oh, Giorgia! Che bello vederti!
G: Ciao mamma!
S: Uh, ma c'è tutta la famiglia al completo! Anzi, Paolo dove l'avete lasciato?
A: E' da un amichetto di scuola.
S: Ah, capisco. Scusate se vi accolgo così, in pigiama, ma proprio non mi aspettavo questa visita! Entrate entrate, che bella sorpresa!
G: Scusa tu per l'intrusione, ma la tua nipotina non vedeva l'ora di tornare dalla nonna. Dì la verità, l'hai corrotta ieri pomeriggio? Sono anni che le dico di venire a farti visita più spesso e lei ha sempre detto che si annoia, mentre oggi è stata lei a proporre questa "riunione di famiglia".
S: Ahahah! No, ho semplicemente assecondato qualche sua curiosità!
V: Ehi, che avete tanto da spettegolare voi due?
S: Niente, tesoro. Vuoi fare una partita a freccette?
V: Ok, ma tu continua a raccontarmi la tua storia. Che il fatto del cognome proprio non l'ho capito....
S: Va bene.. Allora, dove ero rimasta?
V: Che tu diventi bambina e..
S: Vero, non si iniziano le frasi col "che".
V: Eeeh vabbè, se parlassi correttamente avrei più di 7 a scuola!
S: ..Che comunque non sarebbe una cattiva idea...
V: Anche tu hai iniziato col "che".
S: Mi arrendo. Torniamo alla storia. Al mio compleanno seguì uno dei periodi più felici della mia vita, e anche di quella di mia madre credo. Vivevamo sempre in quella casa minuscola e lei continuava a rubare per poter andare avanti, ma insieme stavamo BENE, ci sentivamo forti e tutto il resto passava in secondo piano.
Il regalo di compleanno di Miranda e Riccardo era stata una casa delle bambole, che fu l'unico giocattolo vero e proprio che ebbi finché.. Beh, finché la mia vita non cambiò insieme al mio cognome.
V: Ovvero?
S: (ridendo) Aspetta, piano piano ci arriverò! Dicevo, la casa delle bambole. Spesso mia mamma giocava con me e ricordo quei momenti come assolutamente meravigliosi. Nella semplicità riuscivamo sempre a trovare la nostra felicità.
Altri momenti bellissimi erano quei pochi minuti, la sera, che per farmi addormentare mamma mi stringeva a sé sul divano e mi cantava qualche canzoncina, o mi raccontava qualche storia. Il più delle volte però era costretta a portarmi a letto in braccio.
Una giornata fondamentale nella vita di tutti i bambini è quella da sempre: il primo giorno di scuola. Mamma era già a lavoro e io mi trovavo sola ad affrontare quel grande autobus giallo che per la prima volta si fermava davanti al mio condominio. Ero sufficientemente terrorizzata, anche perché io non mi ero MAI staccata da mia madre fino a quel momento. E non avevo mai frequentato altri bambini, se non per qualche ora nei parchi o per qualche minuto nelle code dei negozi. Però, non potendo fare altro, salii sullo scuolabus e attesi ciò che sarebbe accaduto. Del resto è quello che poi avrei fatto per tutta la vita.
Così scoprii che la scuola mi piaceva. La sera raccontai alla mamma di tutti i miei compagni e le maestre. Ce n'era una che fin dal primo giorno odiai, ma questo penso sia normale. Lei fu così felice che mi trovassi bene a scuola..
Dalla sera stessa mi aiutò a fare i compiti, un altro momento che dedicava interamente a me, motivo per cui non fui mai insofferente all'idea di studiare.
V: Ma poi? Che c'entrano Miranda e Riccardo in tutto questo?
S: Beh, per esempio, il giorno dopo ricevetti una telefonata. Risposi al telefono e la voce elegante di Miranda mi chiese "Signorina, ti dispiace se faccio un salto da te? Chiedi anche alla mamma". Ovviamente non poteva che farci piacere.
Quando Miranda arrivò iniziò a parlarmi di vestiti, di moda.. Argomenti di cui io sapevo poco e niente. "No, il marrone non ti dona bella mia!" concluse.
Poi vidi che si avvicinava a mia madre e le dava un pacchetto. La salutò e non le diede neanche il tempo di aprirlo.
Invece era per me. Conteneva un vestito, un bellissimo vestito. Un vestito che mi sarei sognata se non ci fosse stata lei. Era come i vestiti di tutte le altre mie compagne, quelle benestanti, quelle che erano così.. Lontane dalla mia realtà. Lo indossai immediatamente.
V: Beh, era stata molto gentile. Sì, decisamente all'altezza di una nonna.
S: Se ti va un giorno di questi andiamo a fare shopping. Io sono vecchia, ma vedere un bel vestito sul corpicino di una bella ragazza come te mi farebbe molto piacere.
V: Sì, bella ragazza. Dici così perché sono tua nipote. Comunque mi farebbe molto piacere. (sorrise)
S: Tesoro mio, a tua madre ho sempre fatto notare quando.. esagerava un po' con i dolci. Pensi che con te sarei più clemente?
V: (blatera qualcosa in sottofondo) ..Poi?
S: Ah, sì. Poi un giorno ebbi una bella sorpresa. Uscii da casa mia per vedere dove stesse mia madre, e in caso non fosse nei paraggi andare a prendermi un po' di cioccolata alle macchinette sul giardino del condominio, quando vidi qualcosa che mi lasciò di stucco.
Eh, già. Mia madre si era messa con Esteban, il riccone dei due piani di sopra.
V: (a bassa voce) Senza “i” in mezzo a quanto pare..
S: Come dici?
V: No, nulla.. In che senso dei DUE piani di sopra?
S: Nel senso che il suo appartamento occupava metà del secondo piano e tutto il terzo. Doveva essere molto ricco, era un medico affermato. Mi sono sempre chiesta perché restasse in affitto e non comprasse una casa tutta sua.
V: Ma tu come la prendesti? Eri arrabbiata con tua madre?
S: Beh, no. Diciamo che non me l’aspettavo, quindi la mia espressione deve essere stata abbastanza strana quando li ho visti. Mia madre appena si accorse di me iniziò a mettere in piedi migliaia di giustificazioni.. Ma io subito le dissi che ero contenta per lei, e che lo sarei stata ancora di più se saremmo andate a vivere nel suo grande appartamento. Mia mamma si mise a ridere e disse che forse era il caso di aspettare ancora un altro po’. Poi mi abbracciò.
V: Ma come era questo Esteban?
S: Mah, non so che dirti. Era divertente. Giocava spesso con me e mi stava simpatico.
V: Scusa, ma tuo padre che fine aveva fatto? S: Fu la domanda che feci la sera stessa a mia madre. In realtà era già da tanto che volevo chiederglielo, ma avevo la sensazione che lei non ne volesse parlare.
Quella volta però non poté sottrarsi alla domanda. Non mi raccontò storie di bambini portati dalle cicogne o altra roba del genere. Mi disse semplicemente che non sempre i bambini nascono dal vero amore tra due persone, che può succedere che il loro concepimento capiti “non previsto”, “non voluto”. Io ero sul punto di piangere. Sentirsi dire che sei nato per sbaglio, senza il desiderio di nessuno, credimi, non è una bella cosa. Ma mia madre mi rassicurò dicendomi che se ero nata era solo perché lei mi aveva poi voluto e desiderato con tutta sé stessa. Che ero tutta la sua vita. Di mio padre non si ricordava neanche il nome. Però avevo lei, e questo mi bastava.
V: Beh, almeno è stata sincera…
S: Non del tutto.. Ma questo lo avrei scoperto solo tanti anni dopo.
V: Cioè?
S: Con calma, già non ti interessa più la storia del cognome?
V: Sì, ma se non me la spieghi…
S: Ora ci arrivo. Dicevo, andava tutto bene, mia madre aveva un nuovo compagno e se ci avesse aiutato lei avrebbe avuto il tempo di cercare un lavoro legale.. Però…
V: Però?
S: Niente, mia madre prese solo un banale raffreddore.
V: Ah, pensavo chissà cosa! E allora?
S: Beh, dopo…
G: Vero, dai andiamo! Mamma, noi andiamo a casa, non voglio che Paolo torni e non ci trovi..
V: Appunto, voi andate e io resto ancora un po’ con la nonna, no?
G: No, devi studiare una volta tanto.
V: Uff.. Che pa..
G&S&A: Veronica!
V: Ok ok calmi. Non ho ucciso nessuno!
S: (ridendo) Dai, tesoro. Poi ti chiamo per quel fatto dello shopping. Sempre se la mamma acconsente.
G: Sì che acconsento! Basta che non ti faccia spendere troppo!
V: No, no.. Ciao nonna, ci sentiamo!
S: Ciao tesoro!
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